BONSAI CLUB CASTELLI ROMANI - ENZO (MUGO) FERRARI - step 3

 
 
 
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INTERVISTA A ENZO FERRARI
di FABRIZIO DI GENOVA


Hai scritto dell’importanza di partecipare alle attività di un club bonsai, secondo te a quale “linfa” devono attingere i soci per continuare nel bonsai-do, cosa consigli per trovare nuovi stimoli di aggregazione e di crescita personale e collettiva.

Oggi, soprattutto, con i social network diventa più semplice chiedere consigli a gente con anni di esperienza. Il problema è che poi molti perdono un po’ il senso di quello che realmente sia logico e giusto chiedere ad un esperto, che poi si prende la briga di rispondere. Mi spiego meglio: capita sovente che i neofiti, ancora prima di documentarsi quel minimo indispensabile, chiedono lumi per la coltivazione di piantine talmente irrilevanti, domande che non verrebbero espresse se vi fosse un minimo di conoscenza della materia. Questo modo diventa molto più comodo che il leggersi qualche buon trattato sull’argomento, ma è assai pericoloso per iniziare in modo logico ad avvicinarsi al bonsai. Tutto questo, può essere evitato affiliandosi ad un Club. Infatti, frequentando un sodalizio, è possibile avere dei validi consigli su come iniziare, soprattutto con quali materiali iniziare. I veterani dei Club infatti tendono ad elargire i più disparati consigli su cosa comperare e come iniziare la bonsai do. Per il neofita diventa facile fare delle scelte, anche semplicemente basandosi sulla bravura di chi dispensa informazioni. Nei club, se si ha la fortuna di avere alcuni soci molto attivi e conosciuti a livello nazionale, o ancor meglio internazionale, c’è un’enorme possibilità di crescita, eludendo facili errori che solitamente tutti , all’inizio, fanno. Per chi è già molto addentro a questa forma d’arte, l’avere a che fare con i neofiti, sprona maggiormente a migliorarsi costantemente e a voler dare di più, perché comunque nei Club, una sana concorrenza crea i presupposti per andare avanti nel miglior modo. L’interscambio tra Club diversi è sicuramente un modo di confronto e di crescita, sia individuale, quanto collettiva. Le manifestazioni dove i diversi Club vengono messi a confronto, sono la prova lampante dei grandi vantaggi che si possono ottenere.


 
 
Volevo un tuo parere sul mondo bonsai stico italiano. Dai personaggi più influenti alle mostre, all’UBI e alle scuole di bonsai italiane.

Spero che su questa domanda non debba giocarmi parecchie amicizie che ho con la realtà bonsaistica italiana. Ho cominciato, per ovvie ragioni linguistiche, a frequentare il contesto italiano, non meno di trent’anni fa. In questi anni, ovviamente la mia crescita personale ha avuto un notevole incremento e ho potuto condividere con personaggi di rilevante importanza molti momenti di grande interesse e di grande passione. Quello che non riesco molto a condividere è quella grande e ormai consueta abitudine che si è imposta negli ultimi tempi in diversi contesti e dove i tentativi di prevaricazione degli uni sugli altri non sono nemmeno più velati, ma hanno preso una tale importanza, da far discutere, o perlomeno da far pensare. Il Bonsai dovrebbe accomunare, aiutare gli uni verso gli altri per cercare di arrivare a risultati tali da far capire che è l’unione che fa la forza delle genti e non il combattersi. Di questo, più che per mia sola convinzione, ne sono giunto ascoltando le opinioni di chi del Bonsai sa poco o addirittura nulla e che rimane sconcertato davanti ad atteggiamenti che ben poco hanno con la condivisione di una sana passione. Parlando di mostre, ritengo che queste siano un po’ lo specchio dell’odierna realtà. È evidente che tutti sono affascinati dall’idea di essere premiati, sarebbe mera utopia non ammetterlo, ma questa pratica non fa altro che alimentare i problemi di cui ho accennato sopra e non facilita certo la coesione tra i frequentatori delle mostre. Negli anni ho avuto modo di presenziare ad innumerevoli esposizioni, sia come partecipante, sia come ospite.


 
 
Quelle delle quali ho un ricordo di serenità, di distensione, di incredibile incremento di amicizie, sono quelle dove il confronto con gli altri si limitava alle esternazioni di ammirazione per i lavori altrui e viceversa, senza che l’effimero traguardo di un premio potesse minimamente incrinare una di queste eccezionali sensazioni. Se analizziamo, ogni qualvolta i più si ritrovano in un contesto espositivo, all’inizio l’euforia dell’amicizia risulta quasi palpabile. Non lo è più alla fine delle giornate e questo non è sicuramente da ricondurre alla stanchezza di quanto affrontato. Parlare di UBI, non è semplice, perché ho sempre vissuto questa aggregazione come fruitore dei servizi che mi sono stati offerti. Come in tutti i sodalizi, il funzionamento comporta dedizione, conoscenza e notevole dispendio di tempo. Rimango sempre male quando sento di controversie tra gli uni e gli altri, a prescindere dalle ragioni, perché sono convinto che un solo soldato non potrà mai fare una guerra. È capitato anche a me, non ne sono certamente esente, di avere momenti di dibattito anche piuttosto accesi, ma solitamente queste diatribe non giovano a nessuno, anzi, creano sempre degli interrogativi anche nel nostro intimo e sono sovente destabilizzanti.
Ritengo che noi tutti si abbia avuto una crescita direi smisurata, sulle tecniche e sull’estetica dei nostri lavori. Non posso affermare la stessa cosa per quanto attiene la nostra crescita interiore verso gli altri. Viviamo tutto in maniera frenetica a scapito delle enormi possibilità di amicizia che questa nostra passione può regalarci.
Sulle scuole italiane che dire. Come in tutte le attività formative ognuna è da ritenersi la migliore e, di conseguenza le scuole insegnano tutto in maniera ottima, ma credo che ci sia ancora molto da lavorare proprio per erogare quelle qualità individuali che fanno di ognuno un esempio per gli altri. La sana competizione esiste ormai da quando esiste l’uomo, ma per essere tale non deve prestarsi in contraddizioni che vadano a scapito delle libertà individuali degli altri.


Rifaresti la scuola d’arte bonsai? O tornando indietro avresti intrapreso un altro cammino di conoscenza?

 Ho iniziato la Scuola d’Arte Bonsai nel 2007, esattamente 33 anni dopo aver iniziato la mia Bonsai do. Erano anni che una persona che condivideva la mia passione e aveva praticamente finito i corsi che mi spronava ad iniziare a frequentarla. Fu presenziando all’edizione annuale della Festa di Primavera, dove ebbi modo di lavorare con il Maestro Hideo Suzuki, ed è dopo una sua visita a casa mia per una cena conviviale con diversi amici, che decisi di intraprendere questo percorso. Dopo 2 corsi con il Maestro Suzuki, che lasciò la Scuola, in seguito continuai con il Maestro Keizo Ando, con il quale, nel 2012, ho conseguito a pieni voti il diploma della Scuola. Ricordo che quando iniziai, parecchi dei miei compagni d’avventura mi dissero che avrei potuto evitare di frequentare tutti i corsi, in quanto a dir loro, avevo parecchia conoscenza nella materia. Non seguii il consiglio, perché se avessi saltato anche solo uno dei sedici corsi previsti, non avrei mai saputo cosa mi sarei precluso.
Se dovessi tornare indietro, credo che rifarei nuovamente l’esperienza, perché anche soltanto la frequentazione di insegnanti giapponesi, provenienti dalla culla del Bonsai, mi ha notevolmente cambiato la mentalità e parecchio avvicinato al loro pensiero, anche se per un occidentale non è cosa per nulla scontata. Altra cosa che mi farebbe sicuramente ripetere l’esperienza e stata la grande sintonia venutasi a creare tra i componenti della classe, con i quali le giornate trascorse sono state delle vere e proprie overdosi di amicizia, simpatia, condivisione e momenti di grande gioia.
Ho avuto modo di presenziare a vari workshop con Maestri giapponesi e ritengo che questo, a prescindere dalla scuola che si frequenti, apporti una notevole crescita artistica e interiore.


 
 
La conoscenza trasmessa dai maestri giapponesi della scuola d’arte, uno per tutti Mr. Ando , come ti ha disposto professionalmente nei tuoi incontri con bonsaisti di livello internazionale, hai citato Notter, Hauer etc

Ho parlato in precedenza del notevole cambiamento interiore che avviene restando a contatto con i Maestri giapponesi, anzi, dirò di più, un notevole contributo in tal senso lo devo anche al mio viaggio in Giappone, del 2010, dove ho avuto modo di incontrare Maestri già conosciuti nelle loro visite in Europa e Maestri di cui avevo unicamente sentito parlare per le loro grandi capacità. Devo dire che sono stato rapito dal modo di porsi dei giapponesi in genere e ho una grandissima stima di questo popolo. Di conseguenza ho cercato, nel limite del possibile, di apprendere da loro i comportamenti e la loro operosità che ritengo siano delle peculiarità che li contraddistinguano a livello mondiale. Non dimentichiamo che sono stati gli unici al mondo ad avere l’orribile esperienza di una guerra atomica e da questa tragedia sono
risorti come probabilmente non molti sarebbero riusciti a fare, Lo stesso vale anche per le devastazione di terremoti o come la sciagura che li ha colpiti nel 2011 con lo Tsunami. La loro dignità è addirittura impressionante. Alle nostre latitudini abbiamo piuttosto la tendenza a piangerci addosso con notevole facilità, piuttosto che reagire come loro sono soliti fare. Sicuramente questi aspetti mi hanno molto facilitato nell’approccio con personaggi internazionali di quest’arte.

Noi siamo stati tutti rapiti dal Maestro Ando come lo consideri oggi dopo che hai conosciuto molti maestri?

Maestro Ando, oltre ad essere un ottimo insegnante di bonsai, è stato anche di grande esempio con la sua modestia, la sua pacatezza e la sua notevole saggezza. È stato un po’ come un padre per tutti noi. Tutti i Maestri che ho avuto la fortuna di conoscere hanno trasmesso innovazioni ed esperienze di notevole importanza per l’implemento delle tecniche di lavorazione e di estetica delle piante, ma Il Maestro Ando, con il quale evidentemente tutti abbiamo passato e condiviso numerose giornate, ha sicuramente avuto un ruolo importantissimo a riguardo della crescita interiore, proprio grazie alla sua naturale facilità nel trasmetterla. Con il Maestro Ando c’è stata fin da subito una grande stima reciproca e di questo devo dire sinceramente che ho avuto un notevole giovamento.

Quale percorso di apprendimento consiglieresti ad un aspirante bonsaista? Con quale scuola in Italia e perché?

 Ho parlato delle Scuole, che ritengo siano tutte sicuramente valide. Non sono però sufficientemente conoscitore della realtà italiana. Penso che in ogni caso una scuola, se non propriamente gestita da docenti giapponesi, debba perlomeno indire saltuariamente delle giornate di istruzione con Maestri giapponesi, perché pur essendo molto preparati i docenti europei, mancano indubbiamente di quella cultura secolare che solo loro possono avere inculcata.


 
 
Che tipo di approccio consigli ai nuovi bonsaisti relativamente all’acquisto di piante e attrezzature? Nel senso è meglio acquistare “piantine” e iniziare a lavorare seguendo i primi rudimenti o acquistare piante impegnative anche economicamente?

 Ho avuto modo negli anni di assistere ai più disparati approcci nell’inizio di questa pratica. C’è chi acquista una miriade di piantine insignificanti senza sapere che l’approccio potrebbe anche essere quello giusto, ma a patto che su queste venga adottata la giusta tecnica di coltivazione, che solitamente dovrebbe essere di anni in terra piena, con le dovute ed indispensabili operazione di espianti e reimpianti correggendo fin da subito i difetti delle radici e delle parti aeree.
 Ho visto iniziare con piante acquistate da rivenditori che magari dovrebbero interrogarsi se sia odontologico facilitare l’appropriarsi di materiali di notevole avvenire da parte di avventizi che ancora non hanno sviluppato la consapevolezza di essere possessori di qualcosa di vivo, solo per un mero guadagno. Ritengo quindi che all’inizio sia interessante imparare ad aggirarsi nei vivai, anche specializzati in bonsai e cercare di non voler strafare per bruciare le tappe, perché proprio questa è l’antitesi della bonsai do.
A riguardo dell’attrezzatura, personalmente ho sempre optato per la qualità. Essendo un grande appassionato di diverse pratiche hobbistiche legate alla lavorazione del legno, non solo, anche con la viticoltura, l’apicoltura e la sola gestione del mio terreno, mi sono fermamente convinto che l’attrezzatura mediocre non permette i risultati voluti o sperati Anzi, nel tempo si arriverà forzatamente a dover optare per qualcosa di migliore, con il risultato che alla fine si sono spesi soldi inutilmente.

Che rapporto vedi tra gli Shoin e gli altri tipi di bonsai?

Al di la delle dimensioni e del fatto che in sostanza fino a qualche anno fa prediligevo i bonsai da medi a grandi, mi sono reso conto che lo shoin riesce ad esprimere un fascino incredibile e non è per nulla facile da creare, anzi, se analizziamo bene, le grandissime differenze stanno nella difficoltà di manipolazione a causa dell’esiguità della pianta e nelle proporzioni che sono difficili da raggiungere per ottenere la giusta armonia. Se facciamo un semplicissimo paragone sulle dimensioni delle foglie in un bonsai, quelle di un faggio di novanta centimetri di altezza che possono essere miniaturizzate fino a 2 o 3 centimetri, in uno shoin di diciotto centimetri d’altezza appaiono senza dubbio troppo grandi. Un fattore da non sottovalutare assolutamente è quello legato alla movimentazione dei bonsai, Vi sono piante per le quali è necessario ricorrere agli amici per poterle spostare, mentre per gli shoin, il discorso cambia totalmente. Con l’avvento degli acciacchi dell’età, ai quali nessuno può sottrarsi, l’opzione shoin potrebbe essere un ottimo futuro.




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Riconoscimenti:
 
Enzo Ferrari
Intervista: Fabrizio Di Genova
 
 
 
http://www.bonsaicastelliromani.it/
 
 
 
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